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EMIGRANTI
di
Slawomir
Mrozek
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La
storia di due uomini "senza nome", di due emigranti
(un operaio nostalgico/ignorante e un intellettuale amareggiato/deluso)
che vivono l'ultimo giorno dell'anno nella solitudine della loro
tana/scantinato in una grande città straniera, mentre dai
piani superiori del palazzo arrivano i suoni della festa.
Uno scontro/confronto . Un amarsi/odiarsi.
Una riflessione sulla loro condizione . Un'analisi della loro
vita.
La scena si riempie di parole che scorrono senza interruzione
in dialoghi serrati, di emozioni tristi e dolorosi, di frustrazioni,
paure e speranze che appartengono a chi viene strappato dalla
propria terra, dalla propria cultura, a chi diventa straniero
nel mondo. Aggressività e amicizia, attrazione e repulsione
legano i due personaggi nella loro esistenza quotidiana. Un confronto
serrato, che sapientemente dosa l’elemento comico e quello
tragico. La tensione è sempre alta, quel sottile filo che
li tiene uniti è pronto a spezzarsi, ma è troppo
forte la voglia di condividere la propria solitudine, di stare
soli ma senza separarsi.
Una storia senza tempo, una qualunque storia di emigranti che
spostandosi (dalla Calabria o dal Marocco o da qualsiasi altra
parte del mondo) alla ricerca di fortuna spesso sono stati vittima
di razzismo, intolleranza, o della loro stessa solitudine: una
storia che ci appartiene.
Regia |
Massimo
Costabile |
Interpreti |
Luigi
Iacuzio e Marco Silani |
Install.ne Scenica |
Salvatore
Anelli |
Foto
di scena |
Matteo
Costabile |
Disegno Luci |
Mario
Giordano |
Anno |
2007 |
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Estratti
dalla Rassegna Stampa
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TEATRO.ORG
(15/01/2010)
MEMORIE
DEL SOTTOSCALA
"Poetica e deprimente l’aliena ed alienata quotidianità
degli emigranti, tutta consumata sul crinale sghembo di una precarietà
senza riscatto, quotidianità di stenti, di violenze e di
amori che, inattesi, si sognano o si incontrano nei decomposti buffet
della stazione o nei pressi di quei totem di plastica ed acciaio
senza più vita e senza più futuro che sono le cabine
telefoniche, archeologia penosa dell’altrieri, monumento disperato
a un mondo che ha ormai cambiato pelle.La cruda e malinconica pièce
del drammaturgo polacco Slawomir Mrozek, egregiamente interpretata
da Luigi Iacuzio e Marco Silani e diretta dalla calibratissima regia
di Massimo Costabile, da un lato ci narra la storia della convivenza
coatta e miseranda di due esistenze alla deriva nel caotico melting
pot dei nostri tempi, dall’altro ci restituisce l’immagine
squallida ed atroce di una condizione esistenziale ben precisa,
quella dello straniero sradicato, braccato dal sistema e dalla fame,...."
(Claudio Finelli ) |
MEDIA
XPRESS (20/01/2010)
SOLITUDINE DI EMIGRANTI
"...Si amando e si odiano, litigano e fanno la pace, condividono
l’ansia di chi è stato sradicato dalla propria terra
e la malinconia di chi sa che il domani non sarà migliore,
la loro amicizia-ostilità se ne sta tesa su di un debole
filo. Lontani dalle loro famiglie, si perdono in discorsi di libertà,
ipotizzando un mondo senza schiavi. Utopie alcool e sigarette a
far loro compagnia la notte in cui tutti brindano. Ad un emigrante
però non è dato di festeggiare, solo di ricordare.
Bravi i due interpreti che tengono alto il ritmo della rappresentazione
variando abilmente il registro tra il comico e il drammatico."
( Francesca Bianco) |
LA
PROVINCIA COSENTINA (28/05/2006)
EMIGRANTI. ALL'ACQUARIO L'OPERA DI MROZEK
"...Un lavoro costruito sulla parola, sui dialoghi, sulle sfumature
semantiche, sulla metatestualità. Uno spettacolo complesso
per le tante e continue inferenze che attraversano il campo della
storia, della politica, dell'esistenziale. dell'umano e portano
dritto fino al cuore dell'individuo.
Il campo scenico è essenziale, fatiscente, inumano: un sottoscala,
due brandine putride, un tavolaccio con due sedie, un paravanto
a celare una sorta di cucina, due valigie cartonate sotto le brande.
Dentro a questo rettangolo. attraversato da tubi che, pari a "trippe",
riportano amplificati i vocii dei piani alti immersi nella musica
suadente di fine anno, vi stanno letteralmente immersi due uomini,
sprofondati in una sorta di abisso senza ritorno. Luogo senza aria,
senza luce, senza dio: è come stare al centro della terra:
in un Inferno rovente...." (Antonietta Cozza) |
LA
PROVINCIA COSENTINA (30/01/2007)
All'Acquario Luigi Iacuzio e Marco Silani
...Vivono in uno scantinato squallido, due brande, un lavandino
e un fornello nella scenografia di Salvatore Anelli, isolati da
un mondo del quale sentono solo i suoni e i rumori provenienti dalle
tubazioni. La notte di Capodanno (o forse la vigilia di Natale)
i due uomini, che condividono povertà e solitudine, si troveranno
a condividere anche la malinconia di chi ha perso le proprie radici
e la consapevolezza che la loro vita non potrà mai migliorare. Attraverso
dialoghi serrati, che a momenti sconfinano nell’assurdo e nel grottesco,
scopriamo che i due uomini, apparentemente così diversi, sono le
due facce di una stessa medaglia: entrambi sono vittime di sé stessi
e del loro disagio esistenziale.... ( Franca
Ferrami) |
CALABRIA
ORA (31/01/2007)
L'ACQUARIO PARTE CON IL PIEDE GIUSTO
CON "EMIGRANTI" DECOLLA LA STAGIONE
"...Ottima. appropriate e precisa la recitazione di Luigi Iacuzio,
l'intellettuale, e Marco silani, l'operaio, che riescono benissimo
a superare la fatica, mentale e fisica, di variare continuamente
i registri fra il comico e il drammatico, potendo esprimere la loro
creatività in quanto liberati dall'attenzione per l'occupazione
degli spazi di azione e interazione, fisica e fonetica, dalla perfetta
regia di Massimo Costabile. La sintesi di tutto ciò è
una rappresentazione congrua in cui lo spettatore riuscirebbe a
capire cosa accade sia guardando la scena senza ascoltare, che ascoltando
la piéce senza guardare. (Carmelo Giordano) |
INSTALLAZIONE SCENOGRAFICA
di
SALVATORE ANELLI
Le
scene progettate per il testo degli emigranti di Slawomir Mrożek
si rifanno ai luoghi reali dei due protagonisti costretti in una città
straniera a dover coabitare all’interno di uno squallido
sottoscala.In
base alle esigenze della regia, si è pensato ad uno spazio aperto, una
struttura visivamente presente, formata da tre pareti grigie e anonime,
prive di colore, con una luce cruda e soft, diretta solo sui personaggi
al centro della scena.Un
luogo che risente della metafisicità dello spazio, in cui il grigiore
delle pareti inclinate dai due lati, tenda quasi a collassarsi da un momento
all’altro di fronte al pubblico.Alcuni
tubi, rivestiti di stracci incatramati attraversano lo spazio da una parte
all'altra della scena e insieme ad altri, che fuoriescono dalle pareti,
creano un momento di unità scenica dello spazio.Il
tutto per formare un’installazione scultorea di forte e intensa aggregazione
volumetrica.Una
luce fioca, posta al centro del tavolo con delle sedie, due letti ai margini
delle pareti rivestiti di telo nero avvolto ai lati del materasso, un
separè e un lavandino completano le scene.
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