Tommaso Campanella – "Utopia, Sogno, Magia”     

Siamo convinti che l’obiettivo preminente per il teatro è lo sconfinamento dei territori e l'intreccio tra i diversi linguaggi. Ed ecco perché uno spettacolo “IL VELO E LA SFIDA. Tommaso Campanella e l’arte della dissimulazione onesta” progetto teatrale diretto da Massimo Costabile, è diventato un laboratorio interdisciplinare in cui si sono fuse insieme cifre stilistiche ed espressive formalmente diverse, ma collegate dalla irresistibile forza d'attrazione del messaggio di cui sono portatori "Utopia, Sogno e Magia". E sta qui il senso della scelta che ha indotto regista, scrittore, musicisti, artisti visivi a convergere tutti insieme sull'obiettivo comune che, con voci e manifestazioni diverse, punta alla ricostruzione di un'identità a rischio

PROGRAMMA



Rassegna Stampa

Spettacolo Teatrale

Centro R.A.T.-Teatro dell'Acquario
"
Il velo e la sfida.
Tommaso Campanella
e l'arte della dissimulazione onesta"

di Enzo Costabile
regia Massimo Costabile

Concerto

Collettivo Musicale Dedalus
"La voce del sole"
Testi di Enzo Costabile
Musiche di Mario Artese,
Giuseppe Pallone
Fabio Pepe

Mostra

Laboratorio di Poesia e Arti Visive
" Libero e obliquo"
Opere di
Matteo Accarino, Salvatore Anelli
Cesare Berlingeri, Dario Carmentano
Franco Flaccavento, Serafino Maierano
Giuseppe Miriello,Antonio PujiaVeneziano
Giulio Telarico,Vincenzo Trapasso

Presentazione a cura di Paolo Aita

La ribalta sulla quale si proietta la figura di Tommaso Campanella è radicalmente mutato negli ultimi anni. Così in luogo di discutere se di scoperta o riscoperta del Frate calabrese si tratti, per l'attenzione a lui riservata, in questa occasione, complice la meditazione che su questa medesima figura praticano ricercatori d'ambito contemporaneo, vorrei parlare d'altro. Dunque non della Città del Sole come utopia liberista, non dei conflitti tra Stato, Chiesa e obblighi dell'abito talare più o meno disattesi dal Frate, non sul tramite di ambascerie sospese tra più nazioni vorrei intrattenermi. Ripensando la figura del grande calobrese, alle torture da lui subite, ai soprusi ed angherie inflittegli, il moto che sento dentro me non somiglia alla compassione, piuttosto s'apparenta alla rabbia. Non riesco a guardare Campanella come una vittima, bensì come un ammonitore. Il nostro Frate non era un eroe, quindi un martire, era piuttosto uno sfortuna- to praticante quella ragion di stato che nei tempi di gesuitismo si costituiva come insegna dell'intellettuale. Insomma i patimenti che quest'uomo si trovò a subire li apparento ad una condizione partico- lare piuttosto che ad un'immolazione per la libertà. La stessa Città del Sole vanta, se non la cristianità dei suoi assunti teorici, la santità dei suoi propositi. L'interrogativo che si pone riguarda non tanto la radi- calità di questi assunti, quanto la sensibilità dei lettori suoi contem- poranei. Mi chiedo, insomma, se la distanza dalle posizioni della Chiesa fosse politicamente così pericolosa. Considerando le sue inno- vazioni, come quelle di Galileo e di Bruno, mi sembra che la Chiesa sia stato troppo reattiva, invece di ammorbidire i contrasti come ragion di stato prescriverebbe. Non si comprende bene, insomma, cosa urtasse la Chiesa nei suoi testi, visto anche la sua accettazione dei voti e l'evidente irrealizzabilità delle sue proposte. Forse ora la risposta può essere data: ciò che urtava era la sua posizione, per la prima volta moderna per equalitario distacco dal popolo e dal potere. Campanella si trova ad essere rappresentante di un'entità senza voce. Fondamentalmente egli parla solo per se stesso, in questo modo manca di seguito. Comincia una condizione di isolamento dalla committenza e dal lettore, che da questo momento sorà la cifra comune di qualsiasi ricerca culturale. Comincia in questi stessi anni anche il distacco tra Nord e Sud che determinerei la nascita della questione meridionale, vero e proprio scandalo per la distribuzione dei sapere. Ben avvertiva Campanella tutti questi moti, di conseguenza le contraddizioni, in sè e con la realtà di La Città del Sole, volevano incitare tanto la realizzazione di strutture sociali quanto porsi come esercizio di filosofica immaginazione. Ovviamente Campanella vedrà disatteso qualsiasi tentativo di riforma, e proprio da quei potentati presso il quale indirizzav la sua fiducia. Inizia così la posizione di ironica doppiezza dell'intellettuale, che gli faceva scrivere: "la morte è dolce a chi la vita è amara/ muoia ridendo chi piangendo nasce', con una pratica dell'ossimoro che da qui giungerà almeno fino all'amertume baudelairiana, che medesimamente anelava ad una comunicazione con Parigi, ingrata amante. Ben coglie tutte queste tensioni il testo di Il velo e la sfida. In una monolitica cornice che con semplicità racchiude l'opposizione di bene e male, ragione e follia, si proietta la figura di Campanella e la sua scissione. In un fitto rincorrersi di voci recuperate per la memoria di questo Frate, dichiaratosi folle per poter eseguire il suo programma, si intesse una vicenda che solo nella coralità del popolo vede il congiungimento delle parti agenti. La rimemorazione della vicenda di Abelardo ed Eloisa dà il segno della trasgressività di tutta la vicenda esistenziale dei grande Calaibrese. Il teatro mette in scena una macchina inquisitiva che, dal triste destino del protagonista, si erge a metafora del percorso di ogni ricercatore scomodo per troppa onestà. Il progetto della mostra Libero e Obliquo già dal titolo pone l'accento su due categorie che, esemplate magnificamente da Tommaso Campanella, contraddistinguono tutta la modernità. Il rifiuto di ogni compromesso a favore della ricerca e la trasversalità di un sapere che abbracciava discipline eterogenee, sono caratteristiche comuni anche all'arte contemporanea. A rendere ancora più attuale la figura del grande calabrese contribuiscono una curiosità intellettuale mai doma e un rapporto fortemente critico col sapere costituito. Questa mostra porta un contributo notevole ai grandi temi dell'instabilità e dell'atteggiamento malinconico tipico di tutte le figure di confine. La congiuntura in cui versava la musica nel tempo di Campanella è paradossalmente simile all'attuale. L'ispiratore di questa operazione condivide la data di nascita con Monteverdi che, come lui, patisce il dissidio tra cultura 'alta' e popolare, tra contemporaneità e ricordi ancora vivi del Gregoriano. Ben riflette l'ibridità la musica di questo concerto, composto con uno spirito che sente il mediterraneo ancora unito. Nel nostro caso l'unione è soprattutto di Europa ed Arabia, con l'ossessione di corde allucinate da un sole testardo come la passione. La carne diventa quella di tutti, di personaggi che perdono la propria storia dietro la passione. La musica 'colta', che nasce in questo periodo, tenta un travestimento del dramma che da questa musica è rifiutato: testi implacabili declinano autobiografie che nel novecento sono composte da pura autenticità. (Paolo Aita)
                                              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL VELO E LA SFIDA
Tommaso Campanella e l’arte della dissimulazione onesta

di Enzo Costabile



"II velo e la sfida", ricostruisce la vicenda attraverso una serie di quadri che annodano, attorno a momenti esemplari della vita di Tommaso (la rivolta calabrese del 1599, il carcere, il processo, I’esilio), personaggi e situazioni solamente verosimili. Fino alla conclusione, tutt’affatto rassicurante che "moltiplica" Tommaso per due, raddoppiando lo scacco. Lo spettacolo, come un gioco ad incastro, insegue il protagonista nella sua discesa agli inferi. Una discesa costellata di infami ed infamanti torture. Impregnata di umori neri, di sangue e maleodoranti mortificazioni dello spirito e della carne. Una discesa alleviata solo dalla travolgente passione per una donna particolare e "fuorilegge": Eleonora, la monaca. Una prova estrema, chiusa nel cono di luce di un cervello irrequieto ed affamato di tutto, capace fino all’inverosimile, di non cedere alla violenza degli aguzzini. Per "mettere in scena" questo percorso intellettuale ed umano, scampato alle mani del boia solo grazie alla "dissimulazione", abbiamo fatto ricorso ad alcuni flashback di forte impatto emotivo, montati con tempi e ritmi cinematografici. Per evitare superflui avvitamenti formali, tutti gli "sfondi" narrativi sono neutri. L’integrazione orizzontale e verticale della recitazione, delle luci e dei suoni, evoca "naturalmente" l’atmosfera giusta, e trova al suo interno la forza indispensabile a dare tensione e fermenti, anima e carne, ai personaggi di una storia, solo apparentemente, di ieri. Ad una storia di sempre, che conserva intatto, anche oggi, tutto intero il suo visionario ed irriducibile messaggio.

Regia Massimo Costabile
Interpreti Gianfranco Quero, Antonella Carbone, Massimo Costabile
Stefano Costabile, Manolo Muoio, Dario Natale
Lindo NudoNunzio Scalercio
Inst. Scenica Salvatore Anelli
Costumi Antonella Carbone
Musiche originali Mario Artese
Disegno Luci Paolo Carbone
Foto di scena Francesco De Rose
Video Agostino Conforti
Produzione Centro R.A.T. - Compagnia La lineasottile - 1998

L'ARTE DELLA DISSIMULAZIONE ONESTA.
Costruzione di una messa in scena su Tommaso Campanella.
Dalla tesi di laurea di Susanne Volpentesta,
relatore Prof. Fabrizio Deriu. Corso di laurea in DAMS  Anno Accademico 1997/98
Facoltà di lettere e filosofia - Università degli Studi della Calabria.

 

Estratti dalla Rassegna Stampa

Teatro Rendano
Giugno 1998
IL VELO E LA SFIDA

"…Apre lo spettacolo un vecchio domenicano, pacato, dolce, stanco, il cui volto appare segnato da un invisibile passato, che riaffiora, prepotentemente, nello sguardo. La figura svanisce, dietro le sbarre asimmetriche di una segreta napoletana. Tommaso Campanella, un efficace Gianfranco Quero, invoca un lamento interrotto in un colloquio con due prigionieri che non vede. La storia procede, tra finzione e realtà, o meglio tra vero e verosimile… Una regia all'insegna della sobrietà, del sostenuto, del non eccessivo, persino nelle scene della tortura, quelle più a rischio, la misura ha preso il sopravvento, e questa scelta, a mio avviso, è la forza dello spettacolo…" (Luciana De Rose)

La Sila
Maggio/luglio 1998
ACQUARIO, TEATRO DI RICERCA...STORICA

"…Le tante facce di un personaggio sempre attuale sono state "esposte", come in una galleria teatrale, nell'ultima produzione del Centro R.A.T. Teatro dell'Acquario. Il lavoro a firma di Enzo Costabile per la regia di Massimo Costabile ha condensato in pochi quadri i momenti centrali dell'esistenza del pensatore di Stilo - esilio, galera, tortura, follia - in stretta connessione con le matrici culturali ed ideologiche dell'autore di "La città del Sole" non senza aprire squarci sul Campanella "privato" specie nella sequenza dell'appassionato colloquio fra Tommaso(Gianfranco Quero) ed Eleonora (Antonella Carbone)…."  (Amedeo Furfaro)
Calabria
Dicembre 1998
CAMPANELLA IN SCENA CON IL TEATRO DELL'ACQUARIO

"Buio, su un corpo, su un'esistenza in chiaroscuro, ma che illumina i secoli, che la separano dalla contemporaneità; la vita, i segni, le idee soffocate nel carcere, la congiura del giusto, la lucida follia come necessaria autodifesa, metarappresentazione del vero. Il velo e la sfida. Il monaco, il pensatore che diventa monito per chi osserva dal nostro quotidiano vuoto di senso. La sfida di un autore che desidera riattualizzare attraverso il gioco della parola e del gesto, la figura fantasmatica di Campanella. Un primo piano sull'autore, giustificato dalle buone suggestioni dell'ordito linguistico. Un monologo traverso, il monaco di Stilo; secondo quadro, due celle nelle carceri di Napoli, il Seicento, la lucida follia osservata dai reclusi. Il monaco si sdoppia dinanzi ai due inquisitori. Quindi verso lo snodo che ti aspetti: dopo l'incontro con il contadino, l'irruzione docile dell'amore assoluto della suora - amante di Campanella; fino alla catastrofe della scena corale delle carceri, unico momento di doppio spaziale separato. Il pubblico gradisce il lavoro nella sua totalità. I chiaroscuri del velo e la sfida…" (Alessandro Russo)
Il Domani
28/05/98
L'ATTUALITA' DI CAMPANELLA

Da un' intervista all'autore
D: Da un punto di vista testuale, hai usato materiale storico e biografico sul monaco di Stilo o esiste anche una componente creativa e immaginaria? R: Credo che il testo sia assolutamente unico nel suo genere, finora non c'è mai stato un testo drammaturgico su Campanella che si muovesse su coordinate precise. La storia rappresentata è vera, ma i fatti e i diversi personaggi che appaiono in scena sono immaginari. Linguisticamente invece ho adoperato principalmente l'italiano contemporaneo con incursioni linquistiche nella lingua calabrese, napoletana, latino maccheronico. Un tentativo Gaddiano. D: Prendendo in considerazione l'intera vicenda campanelliana, credo che non si possa prescindere dal disagio e dalla difficoltà che allora come adesso riguarda una condizione subalterna meridionale. Vero? R: Campanella è stato il primo che ha fotografato la questione meridionale indicando le cause dei mali, in modo straordinario ha messo a fuoco tutte le contraddizioni meridionali. Probabilmente, l'odio e il sonno che continuano ad avvolgere il suo percorso intellettuale è anche una conseguenza della sua meridionalità. Questo fabbricante di sogni riassume tutti i pregi e i difetti di noi meridionali, dove i difetti sono comuni e i pregi invece eccezionali. (Michele Pingitore)
Gazzetta del Sud
09/06/98
CONTRO LA TIRANNIDE DELLA POLITICA

"…il tema della rappresentazione, forte fino alle viscere, ha rivisitato la vita del filosofo calabrese, riproponendo un concetto quanto mai attuale, la tirannide, soprattutto culturale e politica, si fa beffa della libertà dell'uomo. E' il caso di Campanella, scampato agli aguzzini con l'espediente della follia, ma costretto all'esilio dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. A rendere più viva la vicenda è stato il ruolo svolto da Gianfranco Quero, intrepido nel vestire i panni di Campanella. Con una pennellata di esemplare bravura ha recitato alla perfezione i tempi dettati dalla regia di Massimo Costabile, che ha messo a punto, insieme alla drammaturgia di Enzo Costabile, uno spettacolo di rara suggestione teatrale…" (S.S.)
Il Quotidiano
31/05/98
LA DUPLICE SCONFITTA DI TOMMASO

"…Un delirio maniacale e allucinato…Il tacito piegarsi alle torture…La resistenza al tribunale dell'infamia…Profeta folle, illuso e pazzo… …Tommaso sconta coraggiosamente il prezzo del suo sogno consapevole che per vincere tutto è necessario perdere tutto: tra le mura di una prigione, la sua innata "curiositas" non viene mai sopita e invoca a leggere sotto "la crosta delle cose", a considerare quante verità ci sono in ogni verità. "Il velo e la sfida" ricostruisce una vicenda umana prima che politica, con un montaggio cinematografico e una semplicità scenografica che ne esalta la recitazione e l'originalità della sceneggiatura."
(Giuliana Scura)
Il Domani
31/05/98
NELLA PRIGIONE DI TOMMASO CAMPANELLA

"…Il nuovo lavoro prodotto dal Centro R.A.T. è incentrato su alcune scene madri del percorso esistenziale e ideologico del monaco di Stilo: l'esilio in Francia, la prigionia, l'interrogatorio, le torture, la follia. Il blocco maggiore della messa in scena ha come ambientazione la prigione, una doppia gabbia scenografata dall'artista Salvatore Anelli, dove diverse scene si svolgono interamente dal di dentro e dal di fuori delle sbarre. Rispetto ai precedenti lavori teatrali di Massimo Costabile, questo nuovo lavoro è basato su un'impostazione di ricerca sulla prosa in maniera più tradizionale, sorretto da un testo compatto i cui dialoghi e la verbosità linquistica degli attori costituiscono l'asse portante dello spettacolo…" (Michele Pingitore)
La gazzetta del Sud
28/05/98
LA STORIA ESEMPLARE E UNICA DELL'"UOMO" DI STILO

"...ricomincia a scorrere sulle tavole dell'Acquario e riesce a ricreare -grazie alla miscela perfetta di un testo libero da pregiudizi e manie di qualsiasi tipo, e di una regia attenta a non disperdere e a valorizzare ognuna delle molteplici sotterranee e a volte imprendibili sfaccettature del personaggio, - tutti i passaggi essenziali di una vicenda che anni di indifferenza interessata e di colpevole oblio hanno contribuito a nascondere sotto le coltre pesanti di una polvere stratificata e vischiosa. Lo spettacolo procede attraverso la ricostruzione di tessere esemplari, scelte dall'autore e montate dal regista con ritmi e tecniche che ricordano quella della settima arte. Uno dopo l'altro, questi tasselli ridanno fisionomia al protagonista, e riportano a poco a pocO alla luce
fatti, circostanze e vicende di un'epoca a tinte forti , attraversata dai sussulti terribili ed anche sanguinolenti di un'epoca -il Cinque/Seicento…." (C.S.)
Il Quotidiano
14/05/1999
LA FOLLIA DEL SAGGIO CHE SI FINSE PAZZO

“… Il Velo e la Sfida ricostruisce una vicenda umana prima che politica, con un montaggio cinematografico e una semplicità scenografica che ne esalta la recitazione esemplare e l’originalità della sceneggiatura (di Enzo Costabile). Cadono, con un tonfo sordo, le sbarre della prigione… La speranza riecheggia ancora nelle parole finali :”Nel tuo carcere, Tommasi, ci stanno loro!”
(Giuliana Scura)
La Provincia Cosentina
16 /05/1999
L’UOMO CHE APRI’ LA GABBIA

“… ha mostrato venerdì sul palcoscenico del Teatro dell’Acquario, un filosofo stremato dalla lotta contro la chiusura intellettuale e culturale di un mondo che ha preferito l’Inquisizione alla verità, la persecuzione e la tortura all’ascolto… Sul palco i vari momenti della prigionia sono flashback da tecnica cinematografica, illuminato dal ricordo di un uomo stanco e vecchio, che si interroga sul senso della sua sfida… La follia è la verità del sognatore e Campanella diventa il simbolo di una calabresità che rifiuta l’essere passivi, che non accetta lo “status” e crede nel cambiamento…”
(Simona Negrelli)
Teatro Rendano
Luglio 1998
PER IL VELO E LA SFIDA. INSTALLAZIONE DI ANELLI

L'impianto scenico di Salvatore Anelli verte su pochi elementi cardini e tra questi la grata, che impietosamente separa ma non nasconde, perciò ancor più mortificante e crudele. La messa in scena si svolge in un'atmosfera densa e cupa che provoca, nello spettatore, un forte disagio accentuato dalle spaesanti architetture teatrali. Le sghembe pareti sono tappezzate da matrici tipografiche d'alluminio: palinsesti resi illeggibili attraverso ripetute cancellazioni nel momento stesso in cui si manifestano. Una improbabile scrivania, la sedia e i libri, sottoposti a bendaggi e ingessature nel tentativo di risanare immedicabili 'ferite', ci ricordano che della "storia esemplare" di un intellettuale stiamo parlando…. Anelli, sa bene che nel costruire uno spazio scenografico l'interazione con l'opera testuale e recitativa avviene solo a condizioni di evocare un'immagine, una storia, una situazione. Ma se evocare è "suggestione operata sulla memoria, sulla fantasia" allora lo spazio scenico non poteva che essere luogo dell'improbabile, della 'simulazione'. (Franco Flaccavento)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"LIBERO E OBLIGUO" a cura di Paolo Aita

 

Il progetto della mostra Libero e Obliquo già dal titolo pone l'accento su due categorie che, esemplate magnificamente da Tommaso Campanella, contraddistinguono tutta la modernità. Il rifiuto di ogni compromesso a favore della ricerca e la trasversalità di un sapere che abbracciava discipline eterogenee, sono caratteristiche comuni anche  all'arte contemporanea. A rendere ancora più attuale la figura del grande calabrese contribuiscono una curiosità intellettuale mai doma e un rapporto fortemente critico col sapere costituito. Questa mostra porta un  contributo notevole ai grandi temi dell'instabilità e dell'atteggiamento malinconico tipico di tutte le figure di confine.

A proposito di distribuzione del sapere e dei ritardi accusati dal pubblico dell'arte, bisogna ammettere che, nel caso del nostro meridione, i mass-media hanno assolto il loro ruolo in modo egregio. I pittori entrati in questa esposizione vantano formidabili aggiornamenti e scoccano frecce puntuali ed efficaci. Il tono della minorità, nel modo in cui è stato codificato da Deleuze e Guattari, sembra un'egida ineliminabile dalle produzioni contemporanee più motivate. Questo tono, col suo faticoso interagire con le strutture di potere, è splendidamente rappresentato dagli artisti del Sud.

Se dunque appariva un'aura di dilettantistica estraneità nelle produzioni culturali del meridione, bisogna ammettere che le opere qui presentate, nella tradizione iniziata da Tommaso Campanella, danno invece una versione della contemporaneità alternativa a certe superficiali produzioni provenienti da aree più fortunate.

Salvatore Anelli continua un'erta ricerca di scomode memorie, filtrate con sensibilità e una pratica artistica rischiosa anche per lo stesso autore.
Vincenzo Trapasso vince la scommessa di inserire il più alto numero di materiali e riferimenti nelle sue composizioni, che risultano però straordinariamente armoniche.
I colori squillanti di Berlingeri non traggano in inganno sollecitando piaceri dell'occhio apparentemente fuori moda: la ricerca dei suoi segni è sofisticata e profonda.
Antonio Pujia Veneziano potenzia l'allusività di immagini basiche ponendole in un contesto gremito di sorvegliatissimi segni.
Dario Carmentano sfida la gravità con memorie etniche calorose, cucite con fermo gusto della composizione.
Giulio Telarico indaga le ripetizioni dei segni ortografici e ricava textures allusive a mondi culturali tra loro infinitamente distanti.
FrancoFlaccavento ricostruisce la fucina immaginifica del pensatore con frammenti materici e organici legati da un coltissimo colore.

 

 

 

 

 

 

 

 

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