In
questa nuova versione dell'opera di Enzo Costabile, abbiamo voluto
proporre una messa in scena scarnificata, ridotta all’essenziale,
tutta incentrata sul delirio del dolore e sugli abissi insondabili
della personalità di Medea. E’ la rappresentazione
di un incubo, l'incubo della donna esiliata, rinnegata e ripudiata
dal proprio marito, autrice consapevole del martirio dei propri
figli, e dunque perseguitata dai fantasmi che ella stessa ha prodotto.
Una Medea compressa
e inchiodata su se stessa, situata non in uno spazio ben definito
ma all’interno della sua stessa mente. La sua testa sembra
scoppiare, da essa fuoriescono pensieri, incubi, parole, desideri,
visioni che si rincorrono, urtano fra di loro, mostrando tutta
l’aggressività, la “selvaggità”
di Medea, lasciandola sempre sospesa tra ciò che ha realmente
fatto e ciò che ha solo pensato. Lampi di frasi si accendono
e si spengono, flash che rimbalzano nelle spire di un monologo-soliloquio
fatto di delirio.